L'origine delle Pietre d’Inciampo

Sono oltre 70.000 le Pietre d’Inciampo installate in Europa. Piccoli blocchetti di pietra ricoperti di ottone e con una dimensione di 10x10 cm, vengono poste davanti alla porta di casa dei deportati nei campi di sterminio nazista. Sulla loro superficie lucente sono ricordati il nome, l’anno di nascita, il giorno di deportazione e la data di morte.

L’iniziativa prende il via nel 1955 nella città di Colonia in Germania. L’idea è dell’artista Gunter Demnig come reazione al negazionismo e all’oblio nei confronti delle vittime del nazifascismo, perseguitate per il credo religioso, la razza, le convinzioni politiche e l’orientamento sessuale. “Una persona viene dimenticata soltanto quando viene dimenticato il suo nome” dice il passo del Talmud che Gunter Demnig utilizza per spiegare il suo progetto. Posate dalle sue mani, oggi sono oltre 2.000 la città europee che hanno accolto una Stolpersteine.

Le installazioni a Bergamo e provincia

Tra le città italiane, Roma è stata apripista e dal 2010 si sono aggiunte Bolzano, Genova, L’Aquila, Livorno, Milano (145), Reggio Emilia, Siena, Torino, Venezia. Due sono presenti anche a Bergamo. La prima, posata a Premolo (BG) e dedicata a Don Antonio Seghezzi, morto a Dachau il 21 maggio 1945. La seconda, installata l’anno scorso davanti all’ex carcere di Sant’Agata in Città Alta, che omaggia il secondino Alessandro Zappata. Quest’anno, in occasione della Giornata della Memoria, saranno 18 le Pietre d’Inciampo che verranno posate a Bergamo e provincia.

Gli obiettivi dell'iniziativa

Il loro nome non è un richiamo all’inciampo fisico, quanto a quello emotivo perché, ogni volta che si incontra una Pietra, ci si ferma. In quel momento si mantiene viva la memoria delle vittime dell’ideologia nazi-fascista e la loro storia.

“Ma”, come spiega il prof. Giovanni Scirocco, docente di storia contemporanea dell’Università di Bergamo, “è anche l’occasione per riflettere, all’interno dei vari comitati locali formati dalle associazioni che si occupano di questi temi, sul rapporto tra storia e memoria e, attraverso le ricerche compiute per ricostruire i nomi, i luoghi, le vicende delle persone che subirono la deportazione, coinvolgere non solo i parenti ancora in vita, ma tutta la cittadinanza, soprattutto i giovani, che spesso diventano a loro volta protagonisti di ricerca e testimonianza”.

Pietra d'inciampo gennaio 2025

Quella di quest’anno è la decima pietra d’inciampo nella nostra città. È dedicata a Giulio Sirtoli, nato a Bergamo il 9 agosto 1921 da Giuseppe e da Micheletti Maria, residente a Bergamo in via S. Lorenzo 44, di professione meccanico.

La sua è la storia tipica di un internato militare preso l'8 settembre, trasferito in Germania e costretto a lavorare come prigioniero per il Reich. Muore sotto un bombardamento alleato, insieme a 41 suoi compagni, proprio mentre è al lavoro perché, da internato, non ha diritto a proteggersi nei rifugi. La fabbrica era la Halberg A. G. nella città di Ludwigshafen am Rhein situata nella Renania-Palatinato, distante circa 20 km dallo Stalag 12 dove era immatricolato.
 

Intervento degli studenti e delle studentesse dell'Università degli Studi di Bergamo.

Oggi siamo qui per posare una pietra d’inciampo.

Il progetto di Gunter Demnig ci sollecita a riflettere su quanto una vita ne richiama sempre altre.

  • Sono Giulio Angelo Sirtoli, nato a Bergamo il 13 agosto 1921. Ho conseguito il diploma di 5^ elementare e ho frequentato il corso per disegnatori meccanici presso l’INFAPLI: Istituto Nazionale Fascista per l’Addestramento e il Perfezionamento dei Lavoratori dell’Industria. Abile e arruolato il 15 giugno 1940 con matricola 19630. Il 2 settembre 1941 ho raggiunto il 33^ Raggruppamento Artiglieria Rodi in territorio dichiarato in stato di guerra dell’Egeo. Il 1^ giugno 1942 sono nominato caporale e vengo trattenuto alle armi il 21 luglio 1942.
     
  • Rodi divenne colonia italiana dal 1912. Il fascismo, con la violenza che gli era propria, riprese la politica coloniale: italianizzò l’isola rendendola un centro di diffusione della cultura italiana in Grecia e verso Oriente. Nel 1941 erano presenti circa 40.000 soldati e marinai italiani.
     
  • Sono Graziella Perez, nata a Rodi il 14 agosto 1924. Lavoro come sarta. Quando Sirtoli arriva a Rodi io ho 17 anni, ma non ci incontreremo mai.
     
  • INSIEME: eppure abbiamo attraversato gli stessi luoghi.
  • È l’8 settembre 1943. Tutto cambia. L’Italia è lontana, le informazioni sono ambigue. Noi non riceviamo comandi. I nazisti hanno l’ordine di occupare il territorio e di deportarci i in Germania. Lì coniano per noi la categoria di IMI (Internato Militare Italiano). In forza di questa classificazione, siamo privati delle tutele garantite ai prigionieri di guerra dalla Convenzione di Ginevra, sottratti alla Croce Rossa Internazionale e, se non decidiamo di tornare a combattere per la guerra nazi-fascista, siamo costretti a lavorare per il Reich.
     
  • Io, Sirtoli, non accetto di rientrare in Italia per combattere accanto ai fascisti, così come l’85 % dei militari. I motivi di questa scelta per ognuno di noi sono diversi. Quasi due anni di prigionia e di lavori forzati è il destino di tutti.
     
  • Voi non sapete i motivi della mia scelta perché non sono tornato a raccontarli. Sono stato deportato in Germania e internato nello Stalag 12 del piccolo comune di Freinshein della Renania-Palatinato. Sono stato un lavoratore schiavo presso la fabbrica Halberg AG  nella città di Ludwigshafen am Rhein, situata a 20 chilometri dallo Stalag 12. Qui sono morto il 21 luglio 1944 in seguito ad un’incursione aerea alleata che colpì la fabbrica. Con me furono uccisi altri quarantuno italiani, perché in quanto IMI non avevamo il diritto di salvarci nei rifugi antiaerei. Sono sepolto a Francoforte sul Meno.
     
  • Il 23 luglio 1944 l'intera comunità ebraica di Rodi e quella di Coo vennero deportate ad Atene e quindi ad Auschwitz, dove sopravvissero 150 persone su circa 1.900. L'amministrazione italiana, su richiesta delle SS, nell'aprile 1944 preparò una lunga lista di ebrei residenti contenente 1.660 nomi, tra cui quello di Graziella Perez. Lista che venne usata dai tedeschi per assembrare gli ebrei nella ex sede dell'Aeronautica di Rodi.
  • Mentre su Freinshein cadevano le bombe il 21 luglio 1944 io, Graziella Perez, sono arrestata per motivi razziali. Vengo deportata ad Auschwitz con mio padre e i miei due fratelli. Sono stati diversi i lager che ho attraversato: ad Auschwitz per i nazisti sono 24432; Dachau 119897; Bergen Belsen 11205; Buchenwald 67365. Ma sono tornata. Ho vissuto a Milano e poi in questa città, dove ho imparato a raccontare la mia storia agli altri.  
     
  •  Una vita ne richiama sempre almeno un’altra, conosciuta o sconosciuta. Imparare ad ascoltarle e ad intrecciarle ci aiuta a comprendere la complessità della storia. 

    Memoria è anche accogliere dentro di noi le storie degli altri.

Intervento della Prof.ssa Federica Sossi

Ringraziamenti – al Comune e alla Sindaca di Bergamo per l’invito a intervenire e al costante e sempre appassionato lavoro di Elisabetta Ruffini e Luciana Bramati e non da ultimo anche alle studentesse e agli studenti dell’Università di Bergamo che hanno voluto approfondire, accompagnati dall’Isrec, che cosa significasse la posa di una pietra d’inciampo cercando di far emergere la complessità e le diverse sfumature della storia proprio in questo modo.

Pietre d’inciampo, Stolpersteine – nate come un contro-monumento, come un altro modo di inscrivere il passato nel presente, rispetto a quello celebrativo e monumentale a cui la tradizione ci ha abituati.

Nella consapevolezza che il passato del nazi-fascismo e dei Lager si inscriveva comunque nel presente, come un suo inciampo --- e che c’era bisogno anche di questi piccoli oggetti disseminati qua e là ormai in quasi tutta Europa per farlo vedere, disseminando anche i nomi e le biografie delle persone che lì erano state annientate.

Ma un inciampo del presente è anche un altro passato, senz’altro connesso al fascismo e al nazismo, ma che prende inizio ben prima in tutta Europa così come in Italia, e che sta alla base, come ci ricordano in tanti, tra cui Aimé Césaire e Hannah Arendt, di quell’annientamento sistematico dell’umanità poi riemerso in Europa durante la Seconda guerra mondiale.

È la storia del colonialismo. Di essa, purtroppo, non c’è altrettanta memoria e volontà di ricordarla e studiarla --- per quanto nelle città italiane, compresa Bergamo, ci siano molte tracce che la ricordano celebrandola.

Come gruppo di ricerca sulla colonialità, con altre colleghe e colleghi dell’Università di Bergamo stiamo portando avanti una riflessione proprio su questo, insieme con alcune associazioni e fondazioni bergamasche e con alcune scuole superiori: una riflessione che suscita grande interesse tra le studentesse e gli studenti ma anche un senso di stupore per il vuoto di storia e memoria che caratterizza quel lungo corso storico così terribilmente intrecciato al passato dei campi e così terribilmente intricato al nostro presente.

Spero che oltre alla giornata di oggi ci possano essere altri momenti di riflessione con il Comune proprio su questo aspetto che costituisce senz’altro un altro drammatico inciampo del presente.

Pietra d'inciampo Montelungo gennaio 2024

Bergamo il 2024 è segnato da un’importante iniziativa: per la prima volta in Lombardia è posta una Stolperschwelle – Soglia d’inciampo, davanti all’ex Caserma Montelungo, già Umberto I, a ricordare che quel luogo funzionò come campo di transito nel cuore della nostra città. Da lì, il 17 marzo e il 5 aprile 1944, 807 uomini e 43 donne furono trasferiti alla stazione di Bergamo e quindi direttamente nell’universo concentrazionario. I più avevano partecipato agli scioperi che nei primi giorni del marzo 1944 coinvolsero il Piemonte, la Lombardia e la Liguria.

La Stolperschwelle è un omaggio agli uomini e alle donne che il New York Times così commentava il 9 marzo 1944: «In fatto di dimostrazioni di massa non è avvenuto niente nell’Europa occupata che si possa paragonare con la rivolta degli operai italiani.

[...] è una prova impressionante, che gli italiani, disarmati come sono e sottoposti a una doppia schiavitù, combattono con coraggio e audacia quando hanno una causa per
la quale combattere».

Anche quest’anno il progetto è stato seguito dal tavolo voluto dal Comune di Bergamo con la partecipazione di Provincia di Bergamo, ANED, ANPI, ISREC, Museo delle Storie,
Associazione Italia-Israele. I nomi scelti continuano ad arricchire la memoria della deportazione con l’intreccio di esperienze di vita.