UniBg ha scelto di ripetere anche quest’anno la bella esperienza del Graduation Day in Piazza Vecchia, inaugurata nel 2018 in occasione del cinquantesimo anniversario dell’Ateneo. 

Per tutti quelli che non potranno essere presenti, la cerimonia sarà trasmessa in diretta streaming qui, sul canale YouTube e sulla pagina Facebook dell'università. 

Il Graduation Day sarà inoltre trasmesso da Bergamo TV venerdì 11 ottobre, ore 21, e domenica 13 ottobre, ore 14. 

 
 
 
 

Diretta streaming del Graduation Day 2019

I diplomi di laurea vi verranno consegnati a partire dalle ore 9.00 presso la sede del Rettorato in via Salvecchio, 19 e, in seguito, i laureati potranno partecipare al corteo accademico che giungerà in Piazza Vecchia poco prima dell’inizio della cerimonia.

10.45
Corteo di studenti, direttori Dipartimento, prorettori, rettore e ospiti Partenza dal rettorato e, attraverso via Colleoni, arrivo in piazza Vecchia.

11.00
Inno d’Italia

Saluti
Remo Morzenti Pellegrini, Rettore Università degli Studi di Bergamo
Giorgio Gori, sindaco di Bergamo

11:30
Intervento musicale di Vinicio Capossela

12:05
Intervento di Letizia Moratti, presidente UBI Banca

12:30
Saluti di Anna Ascani, vice Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Consegna dei diplomi di laurea

Ringraziamenti e chiusura della cerimonia

Lancio del tocco

 

 
 
 
 
 
 
 
 

Autorità, care Colleghe e Colleghi, gentili Ospiti e soprattutto care Dottoresse e cari dottori,
 a tutti Voi porgo un cordiale e caloroso benvenuto a questa cerimonia.
Oggi è una giornata speciale!

È la seconda volta che celebriamo i nostri laureati in questa meravigliosa piazza (ringrazio il Sindaco e l’amministrazione comunale per averci concesso ancora questo privilegio), e non smetto mai di stupirmi, sia della sua suggestiva bellezza, sia dell’atmosfera di gioia – la gioia di tutti noi –, che oggi è capace di contenere ed esaltare. Ho riflettuto molto prima di decidere se ripetere ciò che abbiamo fatto lo scorso anno in occasione del cinquantesimo anniversario della nostra Università.

La domanda “amletica” che mi sono posto, è stata questa: era meglio che la festa di laurea nel nostro centro storico rimanesse un evento unico ed eccezionale, un bel ricordo appunto legato alla celebrazione del cinquantenario, o diventasse invece una cerimonia collettiva e di condivisione da ripetere e rinnovare ogni anno?

Come è facile intuire, ho scelto alla fine la seconda opzione: credo che ritrovarci tutti insieme nel cuore della Città – i laureati, i loro familiari, i loro amici, le Istituzioni, tutte le persone che collaborano con l’Ateneo – sia un po’ come recuperare lo spirito dell’antica agorà greca, la piazza della polis dove si coltivavano le relazioni sociali, si condividevano le idee e si prendeva parte alla vita pubblica.

È mia precisa convinzione, infatti, che il raggiungimento di un obiettivo così importante come il diploma di laurea, abbia una rilevanza pubblica. E non solo perché, come è noto, la qualità del benessere di un Paese si misura sul livello di istruzione e formazione dei suoi cittadini, ma anche, anzi soprattutto, perché questo livello di istruzione, per essere tangibile ed efficace, deve tradursi in qualcosa di più elevato, nel benessere cioè dell’intera Comunità.

Questo livello di istruzione, frutto ovviamente dell’impegno profuso dagli studenti e del sostegno indispensabile dei loro genitori, deve diventare patrimonio della collettività, e non essere considerato soltanto in termini di una, pur legittima, realizzazione personale e professionale di un singolo individuo.
Un obiettivo così elevato però, può essere ottenuto soltanto quando tutte le conoscenze – teoriche e pratiche – che si acquisiscono nel percorso di studi universitario, si innestano sugli ideali che ogni nostro studente ha maturato e interiorizzato e che noi, in qualità di educatori, abbiamo il dovere di tutelare e alimentare.

Mi rendo conto che in qualità di Rettore dovrei spesso esaltare le possibilità di impiego che i nostri iscritti raggiungono a pochi mesi dalla laurea, così come le opportunità di carriera che si apriranno davanti ai loro orizzonti professionali grazie alle competenze e alla flessibilità mentale che hanno acquisito all’Università di Bergamo: tutte cose vere, ovviamente, e che ribadisco con orgoglio, ogni volta che mi si presenta l’occasione, a loro e a quanti lavorano nel nostro Ateneo.

Oggi però vorrei “alzare un po’ il tiro” e concentrarmi sui valori, sulle cose che contano davvero e che, pur essendo spesso trascurate o date per scontate, sono alla base del nostro lavoro di docenti e anche di quello dei nostri ragazzi e ragazze.
A scanso di equivoci, ci tengo a precisare che non intendo affatto sottovalutare gli effetti premianti che gli studi universitari devono avere nella vita concreta di ogni laureato. Ogni tanto, tuttavia, credo valga la pena ricordare il senso nobile del nostro operare, che coinvolge la volontà di migliorare sé stessi e il mondo, il piacere di affrontare le sfide e le difficoltà della vita, la capacità di credere fortemente in un futuro di relazioni e di dialogo costruttivo.

Dialogo: un termine cruciale composto da “dià” (fra) e “logòs” (discorso), una parola cioè che indica un passaggio, un ponte tra i discorsi, un ponte, soprattutto, tra le persone. In Università, insegniamo a costruire questi ponti (e non solo quelli studiati nei dipartimenti di Ingegneria); insegniamo ai nostri studenti il coraggio di portare avanti le loro aspirazioni e soprattutto il coraggio (e certo anche la fatica) di trasformarle in vita reale, coinvolgendo la comunità in cui vivono, a partire dalle Istituzioni politiche, economiche e culturali per arrivare a ogni singolo cittadino, amico e familiare.

In un’epoca di sfiducia, perplessità o, ancora peggio, a volte, di totale disinteresse nei confronti della “cosa pubblica” (la res publica), insegniamo l’importanza del pensiero comune e condiviso. Insegniamo “il coraggio del sapere”.

 

Sapere aude!” “Osa sapere, abbi il coraggio di conoscere” esortavano gli antichi Romani. Un’esortazione che per Immanuel Kant, nel celebre saggio “Che cos’è l’Illuminismo” (1784), rappresentava il motto stesso dell’Illuminismo: “Abbi il coraggio di servirti del tuo proprio intelletto”.

Solo trasmettendo ai nostri giovani la curiosità di apprendere, indagare, interrogarsi e, allo stesso tempo, condividere e confrontare le loro scoperte (così come le loro difficoltà) con le persone che incontrano nel loro percorso di crescita, potremo essere sicuri di aver rafforzato i loro talenti. Facendo cioè capire, che è soltanto applicando la conoscenza alle cose del mondo, solo trasformandola in pratica, che è possibile sperimentarne l’efficacia, l’utilità. Un’utilità che è, sia materiale, sia spirituale.

In questa prospettiva, è per me un piacere ringraziare UBI Banca, che è il principale sostenitore della giornata di oggi e che è da sempre attenta e vicina alla nostra Università, nella persona della sua Presidente, Letizia Moratti, che è qui a condividere con noi questo momento speciale per i nostri ragazzi e le nostre ragazze e i loro genitori. E lo faccio con un particolare occhio di riguardo, perché Letizia Moratti è stata la prima donna a essere nominata presidente della RAI, la prima donna a essere eletta Sindaco di Milano e soprattutto Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, per cinque anni.

La presidente Moratti conosce molto bene il sistema della scuola e dell’università del nostro Paese, e sa quindi quanto importante sia, per i ragazzi e le ragazze che abbiano fatto un percorso formativo di tipo universitario, essersi appropriati anche di cultura e di strumenti che servano alla loro crescita di cittadini consapevoli e responsabili.

A fare la differenza, quindi, non è il diploma di laurea che attesta gli studi compiuti, ma sono i modi che ognuno di voi troverà per applicare e trasmettere quello che ha imparato e continuerà a imparare. La laurea è un nuovo inizio, non un punto di arrivo – lo ripeto spesso. La laurea è, a mio parere, l’inizio di un processo di vita più aperto al mondo, più consapevole e più libero.

Qualche settimana fa, il Presidente Sergio Mattarella, presente alla cerimonia del 150° anniversario dell’Associazione Italiana Editori, ha ricordato, cito:

“I libri - i classici, i romanzi, i saggi, i manuali per la scuola, i volumi per le università - sono stati vettori di sviluppo e di diffusione della cultura del nostro Paese.

[...e] anche una storia di libertà. Libertà che vuol dire anche confronto, dialogo, apertura di orizzonti.

Sappiamo tutti che in latino liber-libro e liber-uomo libero, sono due ètimi differenti: da un lato, l’interno della corteccia degli alberi su cui scriveva, dall’altro la condizione di libertà. Ma l’identità del suono trasmette una suggestione davvero molto grande: avvicina i libri alla libertà”.

Mi sembra che il lucido paragone del Capo dello Stato, e cioè “libri = libertà”, concentri tutto quello che ho voluto dire finora.
Vi racconto, in conclusione, un episodio che esemplifica molto bene le parole del Presidente Mattarella e che riguarda la storia di una traduttrice di Leningrado, Tatiyana Gnedich.

Questa traduttrice, nel 1944, fu arrestata senza chiari motivi e rimase rinchiusa nelle prigioni russe per circa dieci anni. Iniziò da subito a tradurre in russo un canto del Don Juan di Lord Byron, perché se lo ricordava tutto a memoria, al punto che una delle persone che presiedeva agli interrogatori, impressionato dalla cosa, riuscì a farle avere gli strumenti necessari per procedere con il suo lavoro: le procurò il testo stampato del Don Giovanni, un dizionario e della carta. Con il risultato che la sua traduzione in russo del Don Giovanni, pubblicata solo nel 1959, anni dopo la sua liberazione, è a tutt’oggi una delle migliori e delle più studiate.

Un esempio che ci fa capire ancora una volta, come i libri possano certamente avvicinare alla libertà. Ma lo fanno, mi permetto di aggiungere, mettendo in dialogo le persone: in fondo la traduttrice russa, al di là della sua straordinaria capacità mnemonica, è stata aiutata da una delle persone che doveva meno venirle incontro, una persona chiamata a interrogarla per i suoi presunti crimini. Eppure, l’ha fatto, in nome, credo, di un interesse letterario comune, di un libro – il Don Giovanni di Byron, che poi, tradotto, ha circolato per tutta la Russia ed è stato adottato anche nei programmi universitari della nazione.

È con questo spirito di “libertà della cultura” che oggi mi rivolgo a voi, neodottori, congratulandomi con ognuno di voi per i risultati raggiunti, ma soprattutto spronandovi a portare letteralmente in giro – per la nostra città, l’Europa, il mondo – oltre alla Vostra Università, anche le vostre conoscenze e abilità, così da tessere delle reti di scambio a livello nazionale e internazionale, così da uscire dai confini di Bergamo – le bellissime mura patrimonio dell’Unesco – e ritornarvi arricchiti del confronto con gli altri, con nuove risorse da condividere.
Un augurio semplice e sincero: provare un po’ quello che succede a noi docenti quando entriamo in contatto con voi e i vostri ideali.

Un’esperienza di crescita, che si rinnova ogni volta che usciamo dall’aula, e ci troviamo arricchiti del dialogo che abbiamo avuto con voi, con la vostra freschezza, la vostra energia e la vostra voglia di costruire un futuro pieno di senso.
Rita Levi Montalcini ha detto, cito, “L’umanità [...] non deve smettere di conoscere e indagare, lasciando che la conoscenza vada in ogni direzione e in ogni luogo, tendendo verso l'uomo e non in direzione contraria” (fine citazione).

In questo senso, questa piazza, ripeto, è oggi la nostra Agorà: è il luogo dove iniziare a “liberare” la conoscenza, metterla in circolazione e lasciare che agisca, stimolando le relazioni e le collaborazioni tra le persone (e questo è anche il senso del lancio simbolico in cielo del tocco accademico che tra poco faremo).

Ma oggi è anche una giornata di festa, che merita di essere festeggiata con qualcosa di speciale, con qualcosa da ricordare come un’esperienza unica. E per farlo nulla mi è sembrato più adatto che invitare un artista, un intellettuale colto e raffinato, un poeta e cantore della contemporaneità che, come pochi, usa ancora le parole per dire qualcosa, per scavare e andare oltre la superficie delle parole stesse, e che sa sempre toccare le corde giuste dell’anima.

Un artista onesto, abituato a interrogarsi, e che ci costringe a meditare sulla nostra condizione di uomini: Vinicio Capossela, che ringrazio di tutto cuore per aver accettato il nostro invito: grazie davvero di questo regalo Vinicio!
Grazie a tutti voi per l’entusiasmo che sono sicuro metterete nei vostri progetti di vita, grazie alle vostre famiglie che hanno creduto certamente in voi, ma anche in noi come Università, grazie al Vice-Ministro dell’Istruzione, Università e ricerca, on. Ascani, e grazie a tutti i presenti che hanno accolto il mio invito di celebrare insieme i vostri successi, presenti e futuri.

Concludo con un pensiero di Mark Twain: “Tra vent’anni sarete più delusi per le cose che non avete fatto che per quelle che avete fatto. Quindi mollate le cime, allontanatevi dal porto sicuro, prendete con le vostre vele i venti. Esplorate, sognate, scoprite!”.

 
 

 

 
 
 

Signor Viceministro, Magnifico Rettore, illustri ospiti, autorità, docenti dell’Università di Bergamo, cari cittadini, benvenuti in piazza Vecchia per questa giornata di festa. Un affettuoso benvenuto soprattutto a voi, ragazze e ragazzi neolaureati, e ai vostri genitori.
Lo scorso anno, in occasione del primo Graduation Day, avevo raccontato d’avere anch’io una figlia in procinto di laurearsi. Be’, si è laureata, e devo confessarvi che il giorno della sua proclamazione è stato uno dei belli e commoventi della mia vita. Per cui, cari genitori, anche oggi mi metto senza difficoltà nei vostri panni e condivido la vostra soddisfazione, la vostra emozione e il vostro orgoglio nell’accompagnare i vostri ragazzi in un’occasione così importante. Avete ottimi motivi per esserne fieri.
C’è però anche l’orgoglio della vostra Università, che si è presa cura della formazione di questi .... ragazzi, e quello dell’intera città, che in loro vede la realizzazione di un percorso avviato 51 anni fa, con la nascita del nostro Ateneo.

Si intese allora investire su un polo di alta formazione che contribuisse a qualificare la classe dirigente del nostro territorio. E fu una felicissima intuizione. Non si poteva però immaginare quale sarebbe stata la dinamica demografica degli anni venire, e soprattutto degli anni che stiamo attualmente attraversando. Non si poteva quindi cogliere, in partenza, l’importanza di un polo universitario capace di attrarre migliaia e migliaia di giovani, da ben oltre i confini della nostra provincia, come l’Università di Bergamo è nel tempo diventata: fondamentale per questa città e per l’intero territorio bergamasco. Per i suoi equilibri demografici e quindi per la sua vitalità, per la sua propensione all’innovazione, per la sua apertura mentale e per lo sviluppo del suo sistema della cultura. Il nostro Istituto Universitario conta oggi oltre 24 mila studenti, e una crescente porzione di questi arriva da fuori regione, se non da altri Paesi. Quindi anche per il suo prestigio e per la sua dimensione internazionale.

Voi, ragazze e ragazzi che oggi festeggiate la vostra laurea, siete la testimonianza di una scommessa vinta e la promessa di un futuro migliore per questa città. A noi il compito di offrirvi le occasioni e le opportunità per decidere di proseguire qui il vostro cammino, di formazione e soprattutto di vita. Ma anche se andrete in altri luoghi, in Italia o nel mondo, il vostro passaggio da Bergamo ci avrà comunque arricchito e resi migliori.

Del resto – direi inaspettatamente – viviamo un tempo in cui il mondo intero ha buone probabilità di trovarsi in debito nei confronti dei giovani. Il risveglio di attenzione e di consapevolezza verso le condizioni di sostenibilità della vita sul pianeta è dovuto alla presa di coscienza e alla mobilitazione di milioni di vostri coetanei, in ogni angolo del globo, e fors’anche alla vostra diretta attivazione. Era da mezzo secolo che i giovani non si trovavano a giocare da protagonisti una partita così importante.

Allora determinarono profondi cambiamenti del costume e degli stili di vita, nella direzione della libertà personale, e primo tra tutti l’emancipazione delle donne, che ancora oggi non possiamo considerare un fatto interamente compiuto ma che ha certamente modificato – nel profondo – il nostro modo di vivere e di pensare.

Così io credo sarà anche questa volta. Non mancheranno le critiche. Un sommovimento di questo tipo si porta dietro, inevitabilmente, esagerazioni, radicalismi eccessivi e adesioni a volte superficiali o di maniera. Comprensibili dunque le critiche. Ma la base, di questo cambiamento del pensiero e dei comportamenti, è molto solida. Se ne occupa anche la nuova edizione di Bergamo Scienza che abbiamo inaugurato proprio ieri. Ci sono fatti incontrovertibili a sostenerla, e questa è la grande differenza rispetto alla rivoluzione del costume innescata dal ’68. Allora ci si muoveva nel campo del soggettivo e dell’opinabile. Stavolta no – a dispetto dei negazionisti. E questo immagino potrà determinerà una più rapida propagazione e, mi auguro, un’accelerazione di decisioni conseguenti, anche perché se così non fosse il conto lo paghereste voi, ragazze e ragazzi, voi e i vostri figli.

Per questo siamo in debito nei confronti della vostra generazione. Per quello che non abbiamo fatto fin qui e per la forte spinta al cambiamento che state determinando. Questo alimenta in me un sentimento di speranza. Sarà la conoscenza – nelle forme del progresso scientifico e tecnologico – a indicarci le soluzioni; saranno i giovani a trascinarle nella nostra quotidianità, cambiando il modo di vivere, di alimentarsi e di muoversi. Giovani più conoscenza: esattamente quello che voi oggi rappresentate.

Ricevete quindi il meritato riconoscimento del vostro lavoro di studenti. Sapete bene che non finisce qui. Aldilà del proseguimento dei vostri studi – qualcuno seguirà un corso magistrale, altri un master altri forse un Phd – il punto è che ormai bisogna mettersi nell’ordine di idee che è necessario studiare e imparare per tutta la vita. E’ così ed io la trovo una cosa bellissima, perché ci aiuta a restare curiosi e vitali anche quando gli anni sono molti di più.

Ma oggi è un gran giorno, per voi e per le vostre famiglie, quindi godetevelo fino in fondo.
Mi auguro possiate portare con voi un bel ricordo di Bergamo, degli anni che avete trascorso nella nostra Università e di questa bella città. L’Università ha cambiato Bergamo, in meglio, e così spero che Bergamo abbia cambiato voi, cari ragazzi, con la sua bellezza e suoi valori. Congratulazioni e in bocca al lupo per il vostro futuro.

 

 
 
  • La preparazione accademica: conquista e responsabilità

Lasciatemi dire che sono davvero lieta di poter partecipare a questa giornata di festa con voi tutti. Al proposito, desidero ringraziare l’Università e in particolare il Rettore, per questo invito e, naturalmente, rivolgere un saluto alle Autorità e a tutti i presenti.
Ma soprattutto guardo a voi, giovani laureati, con i quali sono particolarmente lieta di condividere l’emozione e la bellezza di questo momento, giustamente per voi tanto  speciale.

E’ giusto festeggiare, perché la cerimonia di oggi rappresenta il coronamento di tanto lavoro, di tanti sogni e di tutto l’ impegno che in questi anni ha caratterizzato il vostro percorso. E condivido il fatto che sia particolarmente significativo festeggiare insieme a chi, in questi anni, vi ha accompagnato, guidato, sostenuto e spronato, come i vostri docenti, i vostri cari, ma anche la comunità civile che ha reso possibili le condizioni grazie alle quali avete avuto l’opportunità di crescere e formarvi, fino al raggiungimento del diploma di Laurea.

Ora siete pronti. Qualificati. E consentitemi anche di dire, un po’ provocatoriamente, che ora non ci sono più scuse: il futuro è qui, è nelle vostre mani.
E il mondo ha bisogno di voi. Oggi celebriamo proprio il fatto che grazie alla vostra preparazione accademica, vi siete strutturati  per affrontarlo, secondo le inclinazioni di ciascuno, con una marcia in più. Una bella conquista, ma insieme una grande responsabilità.

Viviamo infatti in un tempo di grandi trasformazioni, caratterizzato da nuove sfide economiche, sociali e ambientali. Sono certa che di questo, soprattutto voi giovani, siate consapevoli. Ma c’è di più: la verità è che ne siete i protagonisti e gli attori chiamati a fare sempre di più per incidere, con le vostre scelte e il vostro lavoro, nel mondo attuale e nel suo  futuro.

Penso a fenomeni come i cambiamenti climatici,  le disparità crescenti e la perdita di coesione sociale: problemi cruciali che vanno affrontati con visione e sensibilità, come voi giovani sapete e potete fare meglio di altre componenti della società.
Non solo per vocazione, perché la vostra è l’età in cui maggiormente si guarda al futuro, ma anche perché si tratta di un’azione che si fa sempre più necessaria e urgente per garantire la sostenibilità delle nostre attività, delle nostre comunità e del nostro pianeta. Un’urgenza globale.

  • La crescente attenzione del mondo nei confronti della sostenibilità

Le Nazioni Unite, con l’Agenda 2030, hanno indicato un percorso fissando degli obiettivi, i cosiddetti “17 Sustainable development goals”.

Tra questi, alcuni sono più strettamente collegati al livello di benessere delle persone: porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo, alla fame, assicurare salute e benessere per tutti e per tutte le età, agire affinché il consumo delle risorse naturali sia improntato alla sostenibilità.
Anche i cambiamenti climatici hanno un impatto sullo sviluppo economico, basti pensare a come le calamità naturali causino costi rilevanti per la collettività e generino nuova povertà.

In questo quadro, l’adozione di modelli di sviluppo sostenibile passa attraverso la consapevolezza e l’intenzionalità di generare impatto sociale positivo in ogni attività che si vuole realizzare: le imprese negli investimenti e nei processi di innovazione tecnologica, le famiglie nelle scelte di acquisto, e il Non Profit ampliando la propria sfera di azione anche con il supporto di nuove tipologie di partnership fra pubblico e privato.

La profonda trasformazione della nostra società e le diseguaglianze emergenti passano anche dalla crescita della pressione migratoria che registriamo, in particolare, in Europa. Teniamo presente che ogni anno 29 milioni di giovani africani entrano in età lavorativa e, di conseguenza, o si realizzano le condizioni per offrire loro una prospettiva di lavoro nei propri paesi di origine, o non si può immaginare di impedire loro di cercare altrove un futuro migliore.

A tutto questo, che ovviamente genera non solo preoccupazioni ma anche tensioni a livello globale, si sommano le problematiche locali. In Italia, in particolare, quelle relative alla crescita demografica, al progressivo invecchiamento della popolazione, all’emergere di nuovi rischi e bisogni sociali causati dagli effetti della crisi economico-finanziaria e il conseguente aumento della domanda di servizi di welfare sempre più complessi.

Per individuare soluzioni di sviluppo di lungo respiro, diventa quindi imprescindibile adottare nuove strategie di sostenibilità sociale, ambientale ed economica. La sostenibilità deve di conseguenza essere un obiettivo prioritario non solo nell’agenda politico-legislativa, ma in quella di noi tutti: imprese, mondo finanziario e cittadini, tutti chiamati a una effettiva responsabilità nei rispettivi comportamenti.

Un appello che oggi è rivolto anche e soprattutto a voi, che vi apprestate ad incidere con maggiore preparazione e forza negli indirizzi e nelle azioni delle realtà lavorative  e sociali nelle quali vi inserirete.

  • Una nuova sensibilità anche in ambito economico e finanziario

Anche la finanza internazionale si sta muovendo in questa direzione. Lo dimostrano per esempio i numeri della Global Sustainable Investment Alliance (Gsia).
Gli investimenti responsabili a livello internazionale hanno superato i 30 trilioni di dollari, in crescita del 34% rispetto al 2016 quando la massa di investimenti socialmente responsabili ammontava a 22,9 trilioni di dollari.

A livello mondiale, il mercato dei green bond è cresciuto esponenzialmente a partire dal 2012, con circa 500 miliardi di emissioni registrate sinora. Nel 2018, sono state emesse obbligazioni “verdi” per un valore 167.3 miliardi e nel primo semestre di quest’anno (dati Assiom Forex del 26 settembre 2019) sono già stati emessi a livello mondiale green and sustainable bond per 117 miliardi di dollari, pari a 625 emissioni, di cui l'85% in euro.

Uno dei principali stimoli è stato sicuramente fornito dal fenomeno dei mutamenti climatici che ha spinto fondi pensione e compagnie di assicurazione a disinvestire dalle fonti fossili e in particolare dal carbone.

E’ peraltro appurato – come ci dicono numerose ricerche - che nel medio e lungo periodo, le aziende che rispettano determinati criteri di sostenibilità possono offrire un maggiore potenziale di crescita. Ecco perché, nelle scelte d’investimento, la ricerca del rendimento e la responsabilità dell’impresa non sono più due opzioni distinte.

Recentemente, la notizia è dello scorso 19 agosto,  un segnale decisamente significativo è arrivato dagli Stati Uniti, e in particolare dalla “Business Roundtable”, organizzazione americana cui fanno capo circa 200 colossi aziendali tra i quali JP Morgan –il cui Ceo Jamie Dimon è anche presidente dell’Associazione- Amazon, Apple, Boeing, ATeT, Blackrock, General Motors..: hanno firmato un documento economico dal titolo “Statement on the purpose of a Corporation” che enuncia principi di governance del tutto nuovi. 

In particolare viene modificata l’impostazione trentennale, ispirata alle idee di Milton Friedman, che identificava nel valore per gli azionisti l’unico driver e interesse superiore dell’azienda, il cosiddetto “shareholder value”.  Accanto a questo, è stato inserito il principio di sostenibilità, ovvero l’indicazione che il valore creato va condiviso tra tutti coloro che vi hanno contribuito, spingendo così l’attenzione su clienti, dipendenti, comunità di riferimento e quindi sull’ambiente.

Oggi possiamo quindi affermare che, anche nel cuore del capitalismo, si stanno facendo largo, con forza, principi che guardano alla sostenibilità.

Aggiungo infine una nota relativa al ruolo dell’economia green nel nostro Paese. Negli ultimi 5 anni 345.000 imprese italiane hanno scommesso sulla green economy e solo quest’anno circa 207 mila aziende hanno investito sulla sostenibilità e l’efficienza creando 2 milioni 999 mila green jobs, ossia nuovi occupati.

L'Italia -non dimentichiamolo- è anche il Paese più sostenibile in agricoltura, per emissioni di gas serra inferiori alla media UE, per il minor numero di prodotti agroalimentari con residui di pesticidi, con oltre 64.000 produttori biologici e oltre 55.000 imprese agricole condotte da under 35, dato che pone l'Italia al vertice in Europa, esprimendo fatturati più elevati rispetto alla media (+75%) e più occupati (+50%).

  • Lo sviluppo del terzo settore in un contesto di profonda trasformazione socio-economica

In tale contesto, l’imprenditoria sociale e il terzo settore, in partnership con enti profit come le banche, hanno dimostrato forza e capacità di essere un potente strumento di coesione sociale.
Non a caso il terzo settore è in crescita in tutta Europa, contribuendo al 10% circa del PIL europeo e coinvolgendo circa 11 milioni di lavoratori. Oggi, su quattro nuove aziende che nascono in Europa, una è del terzo settore. Il Terzo Settore ha dimostrato in particolare  dinamicità e capacità di rinnovarsi proprio nei recenti anni di crisi economica.

I dati dell’ultimo Censimento permanente delle Istituzioni Non Profit (presentato dall’Istat ad ottobre 2018 sui dati relativi a dicembre 2016) ci dicono che, alla fine del 2016, le istituzioni non profit attive in Italia erano quasi 350.000, impiegando più di 800.000 dipendenti, dato in crescita del 3,1% sull’anno precedente  e del 19,4% rispetto al 2011. E’ cresciuta anche l’incidenza delle istituzioni non profit e degli occupati rispetto al complesso delle imprese dell’industria e dei servizi: dal 5,8% del 2001 al 7,8% del 2016 per numero di istituzioni e dal 4,8% del 2001 al 6,9% del 2016 per numero di addetti. 

Il comparto dell’imprenditoria sociale in Italia risulta particolarmente interessante anche dal punto di vista economico. Gli enti del Terzo Settore si dimostrano infatti oggetti in grado di generare sia valore sociale che economico, spesso attraverso intensi percorsi d’innovazione.

Se guardiamo infine agli aspetti demografici, l’invecchiamento della popolazione, il calo delle nascite, l’aumento della speranza di vita sono alcuni dei fattori che accelerano l’emersione di nuove categorie di bisogni - personali, familiari, aziendali, sociali - che non trovano sempre adeguata risposta.
Per questo per esempio UBI Banca sin dal 2011, attraverso l’Area UBI Comunità, ha strutturato un modello di servizio e specifiche competenze per supportare proprio lo sviluppo del Terzo Settore e favorire la creazione di partnership tra tutti gli attori del tessuto socio-economico che generino impatto positivo per i territori in cui opera.

Consentitemi infine un richiamo alla situazione del welfare, cui è giusto che giovani alle porte della propria vita lavorativa pongano la dovuta attenzione.
Il gap tra offerta e domanda di servizi di welfare è infatti un dato ormai acquisito in tutte le economie sviluppate e nella sola Italia si prevede che raggiunga i 70 miliardi di euro entro il 2025.

Ad essere insufficienti rispetto al fabbisogno sono, in particolare, servizi chiave come l’assistenza sanitaria offerta dal settore pubblico.
Anche in questo ambito UBI Banca ha voluto fare innovazione sociale lanciando, per prima in Italia, il welfare aziendale, che oggi rappresenta uno strumento fondamentale per favorire la sostenibilità.

Il welfare aziendale infatti è uno strumento che, se guidato consapevolmente dagli attori del sistema di relazioni industriali, è estremamente utile per accompagnare le trasformazioni nel mondo del lavoro. La Divisione UBI Welfare di UBI banca supporta le aziende nell’implementazione di piani dedicati ai dipendenti, per lo sviluppo di un vero e proprio “ecosistema welfare” e per rispondere ai nuovi bisogni delle imprese, delle persone e dei territori, coniugando profitto e utilità sociale.

  • Conclusioni

Concludo allora il mio intervento con un appello e un augurio.

L’appello è alla responsabilità che ciascuno di voi ora è chiamato e può esercitare, con maggiore preparazione, nella società civile e lavorativa: essere sostenibili significa capire, al di là dei dati strettamente economici e finanziari, cosa si può fare per il bene delle nostre comunità. Un’azione cui siamo tutti chiamati perché passa da lì il nostro e ancor più il vostro futuro.

L’augurio, che è anche una sfida, è che questo senso di responsabilità, alimentato dall’entusiasmo e dall’energia che vi contraddistingue, con il tempo possa ulteriormente maturare e trasformarsi fruttuosamente in opere, progetti e comportamenti innovativi sempre più sostenibili e condivisi.

Grazie per l’attenzione.

 
 
 
 
 
 

È un piacere condividere la gioia dei 500 giovani laureati di questo Ateneo: dopo anni di studio, nei mesi scorsi hanno raggiunto un importante traguardo. Oggi con i docenti, le famiglie, con tutta la città, partecipiamo a una cerimonia che li vede protagonisti.

Celebriamo il loro impegno e la passione con cui ciascuno lo ha affrontato. Il bello comincia adesso.

Il cammino che ognuno sceglierà di intraprendere contribuirà a creare la trama della nostra società: dalla qualità delle scelte dipende in larga misura la direzione che il nostro Paese può prendere.

Noi continueremo a lavorare per migliorare i settori della formazione e a sostenere ogni studente. Sono convinta che all'Italia serva una svolta e che questa non possa che partire dall’educazione, dall’istruzione e dalla ricerca.

 
È un piacere condividere la gioia dei 500 giovani laureati di questo Ateneo: dopo anni di studio, nei mesi scorsi hanno raggiunto un importante traguardo. Oggi con i docenti, le famiglie, con tutta la città, partecipiamo a una cerimonia che li vede protagonisti. Celebriamo il loro impegno e la passione con cui ciascuno lo ha affrontato. Il bello comincia adesso. Il cammino che ognuno sceglierà di intraprendere contribuirà a creare la trama della nostra società: dalla qualità delle scelte dipende in larga misura la direzione che il nostro Paese può prendere. Noi continueremo a lavorare per migliorare i settori della formazione e a sostenere ogni studente. Sono convinta che all'Italia serva una svolta e che questa non possa che partire dall’educazione, dall’istruzione e dalla ricerca”.