11 dicembre 1968

Sede di Piazza Vecchia

Correva l’anno 1968 quando, con la creazione del Libero istituto universitario di Lingue e letterature straniere, nasceva a Bergamo, in Città Alta, l’Università. Un ente autonomo, né privato né statale: un progetto voluto dalle istituzioni cittadine, animato dalla loro intesa e da una straordinaria lungimiranza. «Un motore per Città Alta», disse l’allora sindaco Pezzotta. E l’impronta fu da subito evidente: l’apertura agli scambi internazionali.

Le origini: un vuoto da riempire

C’era un vuoto da riempire, infatti, un vuoto lasciato dalla Bocconi: la prestigiosa università milanese aveva appena chiuso il Corso di Lingue. Cogliere questa opportunità era molto importante. L’iniziativa del ministro della Pubblica istruzione di quel periodo, il bergamasco Scaglia, unita all’intraprendenza del primo rettore, il professor Branca, diedero origine a una realtà universitaria con chiaro l'obiettivo di promuovere ad alto livello, nuovamente, gli studi delle più importanti lingue e culture europee.

 

Una nuova sfida
Nei primi anni Settanta una nuova importante sfida andava raccolta. Dal mondo imprenditoriale bergamasco arrivava sempre più forte la richiesta di figure che fossero preparate al meglio in ambito economico.
Una voce, quella del territorio, che viene finalmente ascoltata: tra il 1974 e il 1985 nasce prima il corso di laurea e poi la Facoltà di Economia e commercio, in via Salvecchio. Con l’allargamento dell’offerta degli studi ecco imporsi inevitabilmente il tema, la “battaglia”, degli spazi. Si crea così un primo laboratorio linguistico presso Palazzo Terzi, poi la sede di piazza Rosate: l’Ateneo prende corpo.

 

Dalmine: l’industria, l’innovazione
Dalmine è sinonimo di una storia industriale che attraversa tutto il Novecento. Un’ideale continuità era da intravedere tra l’insediamento dei primi impianti siderurgici, all’inizio del secolo, e l’articolazione e lo sviluppo successivi, sia produttivo sia urbano, di quell’area. Occorreva poi spingersi oltre, capire che un territorio tanto ricco di lavoro e di spinta all’innovazione rappresentava il terreno naturale e ideale dove poter pensare la nascita di una Facoltà di Ingegneria. Cosa che accade, nel 1991.

1992: l’università statale

Di lì a poco l’università è attesa a una svolta fondamentale. È il 1° novembre del 1992 quando, con il rettore Pietro Enrico Ferri, l’Ateneo diventa istituzione statale e cambia nome: Università degli Studi di Bergamo. Una nuova strada a quel punto è tracciata. Fu il modo con cui potersi garantire risorse stabili, progettare entro una nuova traiettoria i destini generali di un Ateneo che intanto vedeva accresciuta la propria vocazione internazionale, grazie alle opportunità offerte allora dall’Erasmus.

Crescita e maturità (1999-2015)

Durante i mandati rettorali prima di Alberto Castoldi (1999-2009) e poi di Stefano Paleari (2009-2015) si registrano incrementi importanti, sia nel numero degli iscritti sia nel numero dei docenti. Nascono due nuove Facoltà, Lettere e Filosofia e Giurisprudenza, nuovi corsi di laurea e dottorati di ricerca. L’Ateneo si espande, si consolida, certamente nella sua dimensione didattica e scientifica, ma anche nella sua dimensione fisica: le nuove sedi di via dei Caniana, Sant’Agostino, via Pignolo, irradiano l’università nella città e compongono un sistema di campus. A questo si aggiungono la presenza presso il parco scientifico-tecnologico del Kilometro Rosso e la realizzazione della prestigiosa Aula Magna, nell’ex chiesa trecentesca di Sant’Agostino.
Mentre gli studenti crescono fino a quasi 16.000 unità, è questa anche una fase decisiva di apertura internazionale.

Rifunzionalizzazione di edifici esistenti

L'Università degli studi di Bergamo si è insediata in città un passo alla volta: la prima sede era in Piazza Vecchia, nel Palazzo del Podestà che domina la piazza principale di Città Alta. Ma anche tutte le sedi adottate successivamente erano elementi dell'architettura bergamasca già perfettamente inseriti nel tessuto urbano, quindi rifunzionalizzati in vista della trasformazione in sedi universitarie.

L'Aula Magna dell'ateneo non è altro che la ex Chiesa di Sant'Agostino, il primo elemento architettonico, risalente al XIII secolo, che si incontra arrivando in Città Alta e costeggiando le mura venete. Ma anche le sedi della Scuola di Ingegneria a Dalmine, il polo di Caniana che ospita il campus economico-giuridico, e le tante sedi del campus umanistico che animano il centro della città: UniBg è attiva anche nel recupero di tutti questi spazi, e sono in corso i lavori della ex Caserma Montelungo per ampliare di circa 3.500 mq lo spazio della vita universitaria.

Consolidamento (2015-2021)

Intermezzo musicale dell'Ensemble Ottoni dell'Istituto musicale "Gaetano Donizetti" diretti dal Maestro Ermes Giussani

Con il rettore Remo Morzenti Pellegrini si sono intensificate le sinergie con le istituzioni locali e il sistema imprenditoriale, per offrire sempre maggiori opportunità agli studenti. Università e territorio sono diventate un nutrimento reciproco, una saldatura necessaria e vitale mentre si è valorizzata di più e meglio la dimensione internazionale dell’Ateneo.
Sono proseguiti i progetti di sviluppo all’interno della città, con l'acquisto dell'edificio dell'Ex Accademia di Finanza, il recupero di parte del Palazzo Bernareggi e dell’ex caserma Montelungo, che diventerà sede di nuovi impianti sportivi, di alloggi studenteschi e di residenze per i visiting professors. E gli studenti superano ormai le 20.000 unità.

Oggi

Prof. Sergio Cavalieri

Con il rettore Sergio Cavalieri si apre un nuovo percorso per l'Ateneo.
Durante il sessennio 2021-2027, si dovranno affrontare importanti sfide e raccogliere le numerose opportunità che offrirà un mondo in forte divenire. UniBg punta a contribuire all'apertura di nuove frontiere, interrogarsi sui "futuri" della società e a formare le nuove generazioni, perché siano in grado di avere una coscienza critica in grado di interpretare e gestire i fenomeni di cambiamento, e di essere voce matura e responsabile per una crescita coesa e armonica della società. Questa idea rappresenta la direzione da intraprendere nei prossimi anni, ovvero un momento storico caratterizzato da ingenti investimenti sulla ricerca e la formazione resi disponibili dai fondi regionali, dal PNRR a livello nazionale e da Horizon Europe.

Leggi il programma elettorale "Una frontiera aperta per lavorare insieme".

L’identità dell'Università, adesso

Un’università per la città, un campus diffuso. Spesso si ritiene che riunire tutti gli studenti in un solo campus, creare cioè una sorta di “fortino”, sia la soluzione ottimale per le università. Ma a ben vedere, questo significherebbe per molti aspetti allontanare l'università dal mondo, isolare lo studente.

La scelta dell'Università degli studi di Bergamo è stata invece quella di diventare, col tempo, un’università nella città. Il campus economico-giuridico, quello umanistico e quello ingegneristico, compongono oggi un unico disegno, che rappresenta un invito: credere in un legame quotidiano con la città e con il territorio, la sua storia, la sua cultura.

Crescere non ha solo un’accezione dimensionale, e l'università a Bergamo è oggi nella sua giusta dimensione: non dispersiva, non caotica, a misura di studente. Crescere significa aprirsi. Per questo si sono voluti recuperare importanti luoghi della città, vere perle che testimoniano un grande passato. Spazi rigenerati e dunque valorizzati, finalmente rinati per aprirsi verso la cittadinanza, verso tutti. E sempre di più, con iniziative ed eventi culturali che siano sempre più condivisi.

Bergamo e la sua università: un Ateneo adattivo e adattabile, in grado di reagire, rapidamente e bene, agli stimoli provenienti dal contesto locale e di rispondere alle spinte emergenti dal quadro nazionale e da quello internazionale. Grazie a un trasversalismo delle conoscenze che oggi il sapere richiede. Grazie a una proiezione internazionale che è progetto per l'università ed è anima oggi della città.

Un’università, dunque, parte del mondo: l’inserimento nel ranking mondiale stilato dalla rivista inglese "Times Higher Education" ne è oggi il riconoscimento e la testimonianza.