Prolusione del Rettore, prof. Sergio Cavalieri

Autorità,

Magnifici Rettori, Delegate e Delegati,

Care Colleghe e Cari Colleghi,

Care Studentesse e Cari Studenti,

Gentili ospiti,

 

Benvenute e benvenuti all’Inaugurazione dell’Anno Accademico 2023-2024 dell’Università degli studi di Bergamo.

Sono grato alla Presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, per averci trasmesso un messaggio chiaro e forte sull’importanza di preservare e curare i valori e la cultura della nostra casa comune europea.

Riprendo un estratto del suo intervento: “Le università hanno un ruolo chiave da svolgere. L’impegno dell’istruzione non consiste solo nell’impartire conoscenze. Si tratta di promuovere un senso di responsabilità e di consapevolezza tra gli studenti. È importante sostenere e partecipare ai nostri processi democratici senza darli per scontati”.  Un messaggio che responsabilizza tutti noi per consegnare un futuro migliore alle nuove generazioni.

Un pensiero anche per Giulia Cecchettin, per Chiara e per tutte le altre ragazze e studentesse che sono state private della loro vita e dei loro sogni. Come Ateneo ci impegneremo con ancora più determinazione perchè queste terribili vicende non debbano più accadere.

Un personale ringraziamento al Ministro Anna Maria Bernini e, in sua rappresentanza, alla Senatrice Alessandra Gallone, per la costante attenzione e la piena disponibilità mostrate nel corso di quest’anno nei confronti della nostra Università. Ringrazio inoltre per essere con noi oggi in questa importante giornata per il nostro Ateneo, l’Assessore all’Università, Ricerca e Innovazione di Regione Lombardia, Alessandro Fermi, il Sindaco di Bergamo Giorgio Gori e il Presidente della Provincia di Bergamo, Pasquale Gandolfi.

Permettetemi inoltre un affettuoso augurio di buon lavoro alla Magnifica Rettrice Giovanna Iannantuoni, prima Presidente donna della Conferenza dei Rettori Italiani, per avere assunto un impegno così gravoso e di notevole responsabilità a beneficio di tutto il sistema universitario italiano. Avrebbe voluto essere qui con noi a Bergamo, ma purtroppo è stata chiamata a Roma per prendere parte a incontri istituzionali.

Non ultimo, un grazie di cuore al prof. Michel Lussault, che ha accolto con entusiasmo il nostro invito. Con la sua lectio magistralis ci guiderà oggi in una riflessione sui rapporti di prossimità, i livelli di interazione territoriale, il ruolo e la missione dell’università.

Un’interazione territoriale, per l’appunto, una relazione vitale e in crescita tra il nostro Ateneo, la città e la fitta costellazione di geografie e attori che, grazie a uno scambio multilivello, rende possibili contaminazioni proficue tra le realtà urbane ed extraurbane, promuovendo la rinascita di luoghi abbandonati e avviando, o consolidando, processi di rigenerazione in ottica di giustizia spaziale e sociale.

Lo abbiamo visto nel breve video che mi ha preceduto, e potrete averne ulteriore evidenza nel percorso espositivo inaugurato stamani all’interno del Chiostro Minore del Complesso di S. Agostino, recentemente riconsegnato alla vita universitaria e cittadina dopo una complessa operazione di restauro: un faro di cultura e un luogo di incontro, un tesoro riportato alla luce per le generazioni future.

Come Istituzione radicata nel territorio, contribuiamo alla tutela e alla conservazione dei suoi molteplici patrimoni di natura storico-artistica, paesaggistica, tecnologico-industriale, enogastronomica, con una forte attenzione alla valorizzazione e alla salvaguardia di una cultura dei luoghi.

Un percorso, quello intrapreso dalla nostra Università, in accordo con gli obiettivi e le politiche di sviluppo sostenibile: principi e valori che orientano il Piano Strategico di Ateneo e su cui si fonda il nostro Statuto, recentemente aggiornato, che indirizzeranno le nostre attività istituzionali per i prossimi cinque anni.

Il tutto reso possibile da una circolarità virtuosa tra didattica, ricerca e terza missione, improntata a una logica bidirezionale con le diverse istanze territoriali. Una base progettuale comune per affrontare e risolvere le fragilità del tessuto socio-economico e, nel contempo, cogliere appieno le enormi potenzialità di crescita.

Cito, a titolo di esempio, alcune attività in corso: lo studio dei contesti e dei fattori di vulnerabilità, lo sviluppo e il sostegno all’adozione di modelli di economia circolare e dei bilanci di sostenibilità nelle aziende, l’attenzione ai fenomeni migratori e la cooperazione con paesi in via di sviluppo, i laboratori di imprenditorialità, la formazione in ambito socio-sanitario, il progetto Bergamo città longeva: tema, quest’ultimo al centro della cerimonia di inaugurazione dello scorso anno presso la suggestiva sede dell’Accademia della Guardia di Finanza.

Si tratta di un elenco sicuramente molto parziale e che non rende merito alle numerose iniziative progettuali che vedono impegnata la nostra Università e per cui desidero ringraziare di cuore tutte le colleghe e i colleghi che operano all’interno degli otto Dipartimenti e otto Centri di Ateneo e interateneo.

Una rete di progetti e di relazioni che trova nella nostra comunità universitaria quel bacino fertile in grado di proiettarsi oltre le frontiere della ricerca, “di stimolare un pensiero al plurale per varcare sempre nuovi confini”: tema che abbiamo voluto porre al centro di questa inaugurazione.

La consapevolezza di essere parte integrante e attiva di una rete di tradizioni solide ci permette anche di sintonizzare con maggiore efficacia i profili di specializzazione, di attuare percorsi collaborativi per approdare a un’idea di Ateneo spazialmente e tematicamente diffuso.

Idea che si fonda su una ricerca capace di saldare rigore scientifico con pragmatismo e determinazione, che sappiamo essere qualità distintive della nostra gente.

Ciò trova compimento nella creazione di nuovi presidi di ricerca e di formazione continua, di sperimentazione e interazione diretta con i territori per ridurre i divari economici, sociali e culturali e mitigare le polarizzazioni geografiche tra centro e periferia, tra città e borghi rurali.  

Una prossimità necessaria per rendere ancora più capillare la nostra azione, per concepire e realizzare progettualità che esercitino un impatto su scala locale, per far crescere vivai di giovani ricercatrici e ricercatori che, con slancio, competenza e partecipazione, contribuiscano a rivitalizzare quelle aree, meglio definite interne, che meritano un respiro e una proiezione più ampi.

Recentemente, nel corso di una missione istituzionale svolta a Bruxelles, ho avuto l’opportunità di confrontarmi con alcuni dirigenti della Commissione Europea e ho constatato come – sottolineerei, finalmente - l’accento delle politiche comunitarie si stia spostando verso le realtà rurali, notoriamente meno privilegiate in termini di finanziamenti, a confronto con le realtà metropolitane più grandi.

Questo sguardo, in virtù della proiezione internazionale dell’Ateneo – che può vantare oltre 250 collaborazioni internazionali con università e centri di ricerca – si traduce in opportunità per le nostre realtà locali, in un tavolo comune di progettazione europea. Si rende tuttavia necessario un rafforzamento delle trame tra piani di governo, livelli di comprensione sistematica e territoriale dei fenomeni, interconnessioni tra mondo delle istituzioni e delle associazioni, tra pubblico e privato.

In questo senso, Bergamo-Brescia Capitale della Cultura 2023 ha evidenziato come, grazie a una progettualità coesa basata su valori condivisi, si possano gettare le basi per dare seguito a una visione che, fino a qualche anno fa, sembrava impossibile da perseguire.

Un’alleanza non episodica tra le due città, non limitata allo scadere di un anno, ma che, come Atenei, intendiamo onorare e far crescere, sentendo forte la nostra responsabilità come motore culturale e di trasmissione del pensiero in azione.

Parlo di Atenei al plurale, grazie al rapporto virtuoso e sinergico con i nostri “cugini” bresciani: una relazione tra le Università di Bergamo e di Brescia che si declina su più fronti con una forte attenzione verso un territorio esteso e polivalente.

Una collaborazione che, tra le tante iniziative in corso, ha permesso di gettare le basi per la valorizzazione di una piattaforma manufatturiera, una “manufacturing ecosystem valley” condivisa con le realtà associative industriali e le Camere di Commercio delle due province, oltre a progetti di rigenerazione del patrimonio naturalistico e storico delle aree vallive e montane, l’avvio di uno studio finalizzato alla comprensione dei fenomeni alla base della dispersione lavorativa giovanile e, più recentemente, la decisione di avviare un ufficio congiunto di progettazione europea a Bruxelles.

Permettetemi un inciso: potremmo mai immaginare queste incredibili opportunità di collaborazione e co-progettazione multilivello tra università e territorio, l’attivazione di un pensiero plurale e la sua traduzione in azioni sul campo, in un contesto in cui le Università si trasformassero in luoghi esclusivamente virtuali ed erogatori solo di attività di formazione a distanza?

Uno dei numerosi studi recenti sul tema riferisce che gli Atenei telematici risultino più ”sostenibili” rispetto ai cosiddetti “atenei tradizionali”, in quanto non comportano costi aggiuntivi quali ad esempio i costi di abbonamento ai mezzi di trasporto, di vitto e di alloggio sostenuti dagli studenti fuorisede, oltre alla presunta capacità di svolgere un ruolo di ascensore sociale.

Allora, mi chiedo e vi chiedo: come può essere “sostenibile” un’università a luci spente, un non-luogo, senza quel dialogo tra docente e discente, quello scambio comunicativo alla base di un pensare al plurale, come ci ha appena ricordato la nostra Maria Schisano? Come può dichiararsi “sostenibile” una piattaforma culturale, sociale e di crescita umana dei nostri giovani, che operi in una sorta di “metaverso universitario”?

Stiamo attenti a non cadere nella tentazione di trovare rimedio alla cronica carenza di laureati - che ci colloca nelle ultime posizioni tra i Paesi europei - formando, per dirla con Montaigne, delle “teste ben piene ma non ben fatte”, delle “teste piene ma non pensanti”, come ha ben sottolineato il collega Ivano Dionigi in una sua recente riflessione.

La scuola, sosteneva Piero Calamandrei in un celebre discorso, “è un organo “costituzionale”. Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione”. E continuava dicendo: “Ora, quando vi viene in mente di domandarvi quali sono gli organi costituzionali, a tutti voi verrà naturale la risposta: sono le Camere, la Camera dei deputati, il Senato, il presidente della Repubblica, la Magistratura: ma non vi verrà in mente di considerare fra questi organi anche la scuola, la quale invece è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo. Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue”.

Scuola e università non possono essere assoggettate a logiche di mercato che assimilano le nostre studentesse e i nostri studenti a prodotti da banco, trattando le loro famiglie come consumatori a cui proporre scontistiche allettanti e offerte da “Black Friday” per dimezzare il costo delle rette di iscrizione, come ho avuto modo di constatare recentemente, con profonda amarezza.

È, consentitemi, aberrante mercificare la formazione dei nostri giovani: il bene più prezioso per il futuro di un Paese e a cui andrebbero destinati gli investimenti più rilevanti.

Ad oggi, l’offerta formativa del nostro Ateneo evolve grazie alla stretta relazione e interazione con il mondo economico, sociale e culturale del territorio.

Ne sono la prova i nuovi corsi di laurea e laurea magistrale attivati in questo anno accademico, sintesi di un lungo percorso progettuale che ha coinvolto, in alcuni casi, più Dipartimenti e, per il corso di Laurea Magistrale in Philosophical Knowledge: Foundations, Methods, Applications, altre due prestigiose realtà universitarie: l’Università di Pavia e la Scuola Universitaria Superiore IUSS sempre di Pavia.

Ben quattro dei sei nuovi corsi di laurea magistrale sono erogati in lingua inglese portando a tredici il numero complessivo dei corsi di laurea internazionali.

A dimostrazione della loro attrattività, il 26% di studentesse e studenti frequentanti questi percorsi formativi proviene dall’estero. Allo stesso modo, la formazione di terzo livello afferente ai dottorati di ricerca assume un ruolo sempre più rilevante per il nostro Ateneo come bacino di giovani talenti.

Possiamo immaginare un futuro dove l’automazione e l’intelligenza artificiale sostituiranno le persone in diversi settori, ma sarà assai difficile che una macchina prenda il posto di una ricercatrice o di un ricercatore.

La ricerca è il nostro futuro, non solo come Università, ma come Paese in grado di competere con il resto del mondo. Per questo, occorre dare sempre più dignità e valore a quello che, per passione, amore, entusiasmo, dedizione, si trasforma in una scelta di vita.

Come Ateneo abbiamo deciso di investire su un numero maggiore di borse di dottorato istituzionali, incrementando il valore economico della singola borsa e prevedendo una figura di rappresentanza per le dottorande e i dottorandi nella recente revisione del nostro Statuto.

Occorre dare dignità al ruolo di giovani ricercatrici e ricercatori, dignità che passa necessariamente da un riconoscimento economico e del loro status all’interno degli organi decisionali dell’Ateneo.

A distanza di due anni dall’inizio del mio mandato rettorale, mi preme condividere le difficoltà che quotidianamente riscontriamo nel valorizzare adeguatamente l’enorme lavoro che colleghe, colleghi, docenti, personale tecnico amministrativo e bibliotecario e uscieri portano avanti con impegno ogni giorno.

Oltre alla comprovata professionalità, tre fattori su tutti mi rendono fiero di guidare questo Ateneo: il senso di appartenenza alla nostra istituzione, la forte dedizione e abnegazione, il desiderio collettivo di contribuire al bene di UniBg.

Al tempo stesso, sono consapevole della necessità di più adeguati riconoscimenti, primariamente, ma non solo, di natura economica. Purtroppo, il sistema in cui operiamo non ci aiuta: la cultura dell’adempimento, che personalmente ritengo deleteria, pervade il nostro quotidiano. La programmazione cede il passo alle scadenze normative sempre più ravvicinate e incalzanti, con sollecitazioni che mettono a dura prova l’intera struttura.

Nel quadro dell’autonomia universitaria, sancita dall’articolo 33 della Costituzione, la mia vuole essere anzitutto un’esortazione a consentirci di lavorare con serenità. Nei testi di gestione aziendale si parla di accountability come di un processo in cui, a livello sociale, politico, aziendale, o comunque collettivo, si è chiamati a rendere conto delle conseguenze delle proprie azioni. Un termine, ma direi anche un principio che, nel campo della pubblica amministrazione, ogni amministratore, in quanto public servant, deve impegnarsi a onorare e rispettare.

Tuttavia, mi chiedo se i sistemi di accountability introdotti negli ultimi anni in ambito universitario non abbiano prodotto, piuttosto, una forte ingessatura del sistema, nella ricerca ostinata di forme e prassi di razionalizzazione e di efficienza, in luogo di un’autentica spinta propulsiva alla generazione di reale valore pubblico. Un rammarico, soprattutto se a confronto con altre realtà universitarie europee ed extraeuropee che possono contare su sistemi gestionali, organizzativi e normativi più flessibili.

È indubbio che il nostro Ateneo abbia beneficiato ultimamente di una forte crescita: un incremento tradotto nell’aumento della popolazione studentesca, ormai stabilmente assestata oltre i ventimila studenti.

Un tasso di crescita non riproducibile nel breve periodo. Due sono le ragioni: ci avvaliamo di un organico e di una struttura organizzativa decisamente non commisurati alle dimensioni attuali della nostra comunità universitaria e dobbiamo portare a compimento importanti ristrutturazioni immobiliari per offrire a docenti, personale tecnico e amministrativo, studentesse e studenti un volume maggiore di spazi.

Dal punto di vista dell’organico, negli ultimi due anni abbiamo registrato un forte aumento delle assunzioni sia sul fronte del personale docente sia sul versante del personale tecnico-amministrativo e bibliotecario. Una crescita che mira a ridurre non solo il divario rispetto alla media nazionale degli organici di Atenei assimilabili a noi per dimensione della popolazione studentesca, ma anche a riequilibrare il rapporto tra il personale docente e ricercatore e il personale tecnico-amministrativo e bibliotecario. Ringrazio, a tal proposito, il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione per aver condiviso e dato seguito alla proposta di destinare metà delle quote delle facoltà assunzionali straordinarie assegnate dal Ministero al potenziamento dell’organico del PTA.

L’obiettivo è di garantire una struttura organizzativa più articolata, un maggiore decentramento decisionale e un potenziamento dei servizi rivolti al personale universitario e ai nostri studenti e studentesse. Si tratta di investimenti, quelli sul fronte del reclutamento e della formazione e qualificazione del personale, che richiedono tempo per essere pienamente attuati e che, ne sono pienamente conscio, caratterizzeranno gran parte del mio mandato.

Sulla parte immobiliare, stiamo procedendo su diversi versanti. Mi riferisco, per primi, agli ambienti di Via Calvi – la cui conclusione dei lavori è prevista per l’estate del 2024, con l’obiettivo di ospitare la Segreteria Studenti - e al Campus di Caniana con il recupero di nuove aule, laboratori e uffici per i docenti. L’immobile di Via Statuto, già sede dell’Accademia della Guardia di Finanza, ospiterà invece il polo giuridico, gli uffici dell’amministrazione centrale e la residenza universitaria. A seguito dei finanziamenti ministeriali ricevuti, si prevede a breve l’avvio dei lavori per alcuni lotti con un termine programmato al più tardi per metà del 2026, coerentemente con le scadenze del PNRR.

Desidero altresì sottolineare l’attenzione che il nostro Ateneo dedica alle infrastrutture sportive: abbiamo in corso i lavori per l’ammodernamento degli impianti sportivi polivalenti nel quartiere Loreto, a cui faranno seguito quelli previsti sempre in via Statuto.

Avrei voluto riportarvi anche dei progressi su altri fronti, quali ad esempio quello tanto atteso e, so bene, tanto discusso relativo alla ristrutturazione delle ex-caserme Montelungo e Colleoni: un bene pubblico che potrebbe a sua volta generare un importante servizio pubblico, vale a dire, assicurare alle nostre studentesse e ai nostri studenti una struttura residenziale con tariffe calmierate. Mi preme precisare che i ritardi a cui assistiamo per la sua finalizzazione non si traducono in una mancata opportunità solo per l’Università, ma per tutto il sistema Bergamo: minori servizi per i nostri studenti comportano una minore attrattività per il territorio e, considerando anche l’indotto, un minore impatto economico per la città.

Come riportato nel nostro Piano Strategico, UniBg deve diventare ancora più research-driven, orientare le proprie azioni verso una circolarità virtuosa che veda la ricerca e l’innovazione come fonti primarie di alimentazione della didattica e della terza missione a sostegno di eccellenze riconosciute a livello nazionale e internazionale. Ne sono prova tangibile i 76 progetti di rilevante interesse nazionale, i progetti PNRR e, in particolare, il ruolo di leadership in due grandi progetti. Mi riferisco al Centro MOST sulla mobilità sostenibile e al progetto ANTHEM sullo sviluppo di tecnologie per migliorare la diagnosi e la terapia delle malattie croniche, senza trascurare la partecipazione a tre partenariati estesi e a un’iniziativa sulle grandi infrastrutture per un ammontare complessivo di finanziamenti che supera i 40 milioni di euro.

UniBg svolge dunque un ruolo cruciale come generatore di nuove conoscenze e competenze per offrire al territorio uno sguardo e una prospettiva che vadano oltre le mura e i confini locali con uno slancio globale.

Nel corso degli incontri istituzionali e delle numerose visite presso comunità montane, associazioni ed enti locali, ho ricevuto, e continuo a ricevere, attestazioni di stima e, permettetemi, di affetto nei confronti di quella che, sento spesso dire, è la NOSTRA università.

Ebbene sì, questa è la NOSTRA, per l’appunto, la VOSTRA università, quella che sicuramente, nei suoi cinquantacinque anni di vita, ha permesso ad almeno un componente della vostra famiglia di laurearsi e a molte aziende di crescere grazie all’assunzione di giovani laureate e laureati. Non ultimo, è l’istituzione che ha consentito di tutelare, rigenerare e valorizzare patrimoni artistici e culturali che altrimenti sarebbero andati persi. La nostra Aula Magna e il complesso di Sant’Agostino ne rappresentano l’evidenza maggiore.

Tuttavia, per crescere e rafforzarci ancora, abbiamo bisogno di più, abbiamo bisogno di una maggiore simbiosi con il territorio, un maggior coinvolgimento della sua classe economica e imprenditoriale.

Il mio auspicio è di poter innescare su scala locale un modello virtuoso di “give back”, modello proprio delle società anglosassoni che parte dalla piena consapevolezza del ruolo che un’Università svolge per il territorio, le persone, le aziende e le innumerevoli direttrici economiche, sanitarie, associative, culturali.

Concludo con una domanda: cosa sarebbe oggi Bergamo senza la sua Università? Un quesito che dobbiamo porci ogni giorno, evitando di dare per scontato quel che siamo e i risultati che abbiamo raggiunto, ma continuando ad adoperarci tutte e tutti - dall’interno e dall’esterno – perché la nostra comunità universitaria sappia esprimere sempre di più le proprie enormi potenzialità.

Un investimento per il futuro, o meglio, per i futuri del nostro territorio e della società.

Pertanto, con l’auspicio di rivolgere le nostre azioni verso scenari futuri da costruire sempre insieme e nuovi confini da varcare, dichiaro ufficialmente aperto l’Anno Accademico 2023-2024, 55° dalla fondazione dell’Università degli studi di Bergamo.