Prolusione del Rettore, prof. Sergio Cavalieri
Autorità,
Magnifiche Rettrici e Magnifici Rettori, Delegate e Delegati,
Care Colleghe e Cari Colleghi,
Care Studentesse e Cari Studenti,
Gentili ospiti
Benvenute e benvenuti all’Inaugurazione dell’Anno Accademico 2025-2026 dell’Università degli studi di Bergamo.
Desidero rivolgere un personale ringraziamento al Ministro Anna Maria Bernini e, in sua rappresentanza, alla Senatrice Alessandra Gallone, al Presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, alla Sindaca di Bergamo, Elena Carnevali, al Vice-presidente della Provincia di Bergamo, Umberto Valois, al Prefetto di Bergamo, Sua Eccellenza Luca Rotondi, al Vescovo di Bergamo, Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Francesco Beschi, al Comandante dell’Accademia della Guardia di Finanza, Gen. Cosimo Di Gesù, e a tutte le autorità religiose, politiche, civili e militari per l’attenzione sempre partecipe e per la loro presenza in un giorno così importante per la nostra Università. Rivolgo inoltre un saluto alla Console Generale Aggiunta del Giappone a Milano, grazie per essere con noi oggi.
Desidero poi ringraziare sentitamente il collega, il professor Oliver Riedel, per aver accettato l'invito a tenere una lectio magistralis sulle opportunità offerte dalle tecnologie digitali emergenti alle nuove generazioni di sistemi produttivi, nonché sulle prospettive che tali innovazioni aprono nei contesti accademico e industriale. Un’occasione anche per valorizzare il rapporto di forte collaborazione tra le due Università, quelle di Bergamo e di Stoccarda, hub di formazione e ricerca di due regioni – la Lombardia e il Baden-Württemberg – due “motori d’Europa” accomunati dall’impegno di creare una piattaforma condivisa di innovazione e interscambio commerciale.
Sul fronte della ricerca, numerose collaborazioni attive tra i due Atenei testimoniano la volontà di promuovere progetti congiunti e a elevato impatto sul tessuto economico-industriale. Nell’ambito della formazione, le Università di Bergamo e Stoccarda vantano due accordi di doppio titolo: uno per il corso di laurea magistrale in Mechatronics and Smart Technology e uno per il programma in Management, Marketing and Finance. Sono percorsi che permettono a studentesse e studenti di acquisire una formazione internazionale, rafforzando ulteriormente la partnership strategica tra le due istituzioni accademiche.
I temi che affronterà il collega Riedel sono strettamente connessi alle linee di ricerca portate avanti, in particolare, dai nostri Dipartimenti di Ingegneria. Non si tratta di attività isolate, ma inserite in una rete di scambi con i centri di ricerca più rilevanti del territorio per rafforzare il legame tra università e mondo produttivo locale.
Oggi avete l’opportunità concreta di osservare l’eccellenza che il territorio bergamasco mette in campo in termini di ricerca e innovazione. I prototipi che, per l’occasione, sono esposti qui, nella nostra Aula Magna, sono stati ideati, progettati e sviluppati a Bergamo, rappresentando non solo un “Made in...”, ma, più precisamente, un “Made together in...”. Sono il risultato sia del talento individuale di ricercatrici e ricercatori, sia della straordinaria intelligenza relazionale di un territorio che ha saputo riunire in uno stesso centro di competenza – il Consorzio Intellimech sulla meccatronica - aziende anche potenzialmente concorrenti tra di loro.
È stata data concretezza a un paradigma di innovazione, che in letteratura prende il nome di open innovation, spesso molto decantato, ma nella realtà poco praticato. Non meno degni di nota sono i risultati di ricerca conseguiti dal JOiiNT Lab, coordinato sempre da Intellimech, in collaborazione con il nostro Ateneo, con Confindustria Bergamo e Kilometro Rosso, esito della partnership con l’Istituto Italiano di Tecnologia, uno dei centri di eccellenza sulla robotica riconosciuto a livello internazionale. Si aggiunge il contributo permanente del nostro Ateneo sui temi dello sviluppo sostenibile applicato al mondo industriale, grazie alla partecipazione al progetto MICS - Made in Italy Circolare e Sostenibile: uno dei partenariati estesi finanziati dal PNRR, e al Centro Nazionale MOST sulla Mobilità Sostenibile, esempi tangibili di una collaborazione sinergica di eccellenza tra Atenei, Centri di ricerca e primarie aziende industriali e di servizi.
Il breve video che adesso vi mostreremo testimonia l’elevato livello di eccellenza della ricerca condotta a Bergamo, frutto dell’incontro tra visione strategica e competenze avanzate dei centri di ricerca locali, veri e propri vivai di formazione e di sviluppo professionale di giovani ricercatori.
Osservando queste immagini, comprendiamo come il mondo contemporaneo sia protagonista di una nuova rivoluzione cognitiva, segnata da trasformazioni tecnologiche che coinvolgono tanto la coscienza individuale quanto quella collettiva. L’automazione, la robotica e, soprattutto, l’intelligenza artificiale stanno trasformando radicalmente il rapporto con il lavoro, con effetti significativi sulle economie, le culture e le società.
È un fenomeno che affonda le radici in eventi chiave della storia, come l’invenzione della stampa: una tra le svolte più rivoluzionarie dell’ultimo millennio, grazie a Johannes Gutenberg, orafo di Magonza, che introdusse i caratteri mobili. Da quel momento, il ritmo del cambiamento storico ha subìto un’accelerazione non comune. Il sapere ha viaggiato dai manoscritti ai manuali, diventando sempre più democratico e favorendo la nascita di nuovi sistemi di conoscenza. Questa velocità di cambiamento ha investito anche la comunicazione, rendendola più accessibile e diffusa.
Le rivoluzioni industriali successive hanno introdotto ulteriori discontinuità. L’avvento della macchina a vapore, dell’elettricità e delle reti di distribuzione hanno portato alla creazione di nuovi “artefatti”: dispositivi prodotti dall’ingegno umano che potenziavano le capacità fisiche e cognitive, aumentando la produttività e la qualità dei manufatti realizzati.
Sono rivoluzioni che hanno trasformato le civiltà del sapere e le comunità nate attorno a esse. La transizione digitale cui stiamo assistendo negli ultimi anni, invece, ci sta cambiando dall’interno. Da tempo, modifica i nostri processi cognitivi, il modo in cui convertiamo l’informazione in conoscenza, ovvero, il modo in cui pensiamo.
Un effetto collaterale di questa rivoluzione, si legge in alcuni studi scientifici, è il rischio di una amnesia cognitiva. Rischio analogo a quell’amnesia da caratteri osservata tra giovani cinesi che, affidandosi agli strumenti digitali, faticano a ricordare i caratteri complessi della loro lingua.
Come ben scrive Savino Pezzotta in un recente articolo pubblicato su L’Eco di Bergamo, il rischio evidente è che: “mentre pochi raccolgono i frutti dell’automazione, molti si ritrovano ai margini, esclusi da un’economia sempre più digitale. È qui che nasce la grande questione etica del nostro tempo: come organizzare un mondo in cui il progresso sia davvero un bene condiviso e non una nuova forma di disuguaglianza?”
Di fronte a questa sfida, la rivoluzione cognitiva richiede un investimento crescente sulla conoscenza e sulla capacità di discernimento. L’apparente democratizzazione della conoscenza non deve tradursi in una massificazione indiscriminata, che spinge chiunque a fornire risposte omologate a tutti i quesiti del nostro tempo, anche quelli più complessi, nell’illusione di avere accesso immediato alle stesse tecnologie di pensiero.
Oggi nessuno è in grado di argomentare in un’unica teoria il cambiamento che si sta verificando, forse, proprio perché si tratta di un mutamento che non riguarda solo i fatti osservati, ma anche la posizione di chi osserva. Abbiamo bisogno di nuovi strumenti per comprendere la conoscenza, mentre il mondo si trasforma sotto i nostri occhi.
Con questo spirito e questa visione, ormai più di due anni fa, abbiamo inaugurato il Tavolo di lavoro interdipartimentale sull’intelligenza artificiale: uno spazio di riflessione e incontro tra molteplici ricerche e ambiti disciplinari – presenti nel nostro Ateneo – sulle dinamiche di sviluppo, le ricadute sociali, economiche e politiche dell’intelligenza artificiale. Da questa azione di raccordo è scaturita un’agenda di ricerca che raccoglie sfide, iniziative e progettualità, in parte condivise con attori del sistema economico, sociale e culturale del territorio.
Cito, in particolare, la pubblicazione di un white paper, un’agenda di ricerca sull’AI, presentato nel mese di settembre dello scorso anno, ma anche l’attivazione di un programma di dottorato in Artificial Intelligence for Sustainable Futures. Come si evince già dal titolo, è un percorso orientato a formare ricercatrici e ricercatori di alto profilo, che possano acquisire competenze trasversali in ambito tecnico-scientifico, socio-culturale ed economico, fino a sviluppare e governare applicazioni di AI sostenibili e attente alla complessità sistemica.
L’Ateneo si è inoltre recentemente dotato di Linee guida per l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, rivolte a tutte le componenti della comunità universitaria e improntate ai principi e ai valori dichiarati anche nel nostro Statuto: responsabilità, trasparenza, sicurezza e inclusione. Sono linee guida dinamiche, sempre al passo con le evoluzioni tecnologiche, anche grazie alla loro pubblicazione su una pagina web dedicata.
Inoltre, nell’ambito delle attività di Faculty Development promosse dal CQIIA - il Centro sulla Qualità dell’Insegnamento, dell’Innovazione Didattica e dell’Apprendimento - abbiamo organizzato un ciclo di incontri aperto al corpo docente sul tema dell’integrazione dell’AI generativa nella didattica.
Prevediamo infine, a breve, di costituire un Center for Responsible AI nel quale far convergere le esperienze e le competenze della nostra università su queste tematiche, operando in coordinamento costante con i principali centri di ricerca nazionali e internazionali. Un invito che ora rivolgo a tutti voi per affrontare insieme le sfide del cambiamento con strumenti di conoscenza e di responsabilità condivisa.
Veniamo a un altro punto che mi sta a cuore.
Nel corso di recenti missioni istituzionali in India e Cina, durante le quali abbiamo stipulato e consolidato accordi strategici con diversi atenei e centri di ricerca, ho potuto percepire distintamente quanto il ruolo delle università sia sentito, quanto sia ritenuto parte integrante dell’agenda economica e strategica. Qualche dato può essere utile per far corrispondere un riscontro oggettivo a ciò che altrimenti potrebbe sembrare un giudizio sommario, dettato da una semplice visita istituzionale.
Dal 2000, secondo la rivista Nature, il numero di studenti universitari nel mondo è più che raddoppiato, mentre le persone in mobilità internazionale sono quasi triplicate. Il progresso viene misurato tramite il Gross Enrolment Ratio (GER), in italiano traducibile come tasso di iscrizione lordo, che confronta le percentuali di iscrizioni universitarie rispetto al potenziale della popolazione in età da studio. In Europa occidentale e Nord America, la partecipazione è ormai la norma: il GER è passato dal 61% nel 2000 all’80% nel 2024. Se guardiamo all’Asia orientale e sudorientale, l’India mira a conseguire un GER del 50% entro il 2035, partendo dal 28% del 2021–22, mentre la Cina, nel giro di dieci anni, è cresciuta dal 40% a oltre il 60%.
Al di là delle percentuali, sono i valori assoluti che colpiscono, se consideriamo che, sommate, le popolazioni di India e Cina contano circa 2,9 miliardi di persone, pari a un terzo della popolazione mondiale, con un ulteriore incremento atteso, in particolare in India, nei prossimi dieci anni.
Lo “tsunami tecnologico” proveniente da questi Paesi è il risultato di una politica di pianificazione e di investimenti significativi tanto nella formazione superiore quanto nella valorizzazione della conoscenza, dove le università sono concepite come motori di crescita economica nazionale.
Negli ultimi dieci anni, il numero di laureati in Italia è cresciuto del 33%. Tuttavia, il nostro Paese rimane tra gli ultimi in Europa per quota di giovani con un titolo di studio terziario. Secondo i dati OCSE, solo il 26,8% delle persone di età compresa tra 25 e 34 anni possiede una laurea o un titolo equivalente, a fronte di una media UE del 41,6%. Questo dato ci colloca al penultimo posto tra i Paesi dell’Unione Europea, con obiettivi ambiziosi ancora lontani: la media europea punta a raggiungere il 45% entro il 2030.
Sul fronte demografico, è opportuno chiedersi se l’impatto della denatalità sugli Atenei sia davvero così drammatico. Come scrive il collega Stefano Corgnati, Rettore del Politecnico di Torino, in un recente articolo su La Stampa, a fronte di un livello di immatricolazioni universitarie in Italia di 320 mila unità nel 2022/2023, le proiezioni demografiche portano a una tendenza tra vent’anni, vale a dire nel 2042/2043, a 215 mila nuovi studenti universitari, ovvero, il 33 % in meno rispetto a oggi.
Attualmente, solo il 58% delle persone nate nel 2003 si è iscritto all’università. Se si riuscisse ad aumentare la percentuale al 65% nei prossimi vent’anni, si raggiungerebbero oltre 240 mila iscrizioni. È poi un obiettivo realistico accrescere la presenza di studenti di origine straniera fino al 20%, arrivando così, sempre proiettandoci tra venti anni, a 50 mila iscrizioni internazionali. In questo modo, potremmo parzialmente recuperare il divario demografico della popolazione universitaria nei prossimi venti anni.
Siamo pronti a Bergamo per affrontare queste sfide?
La politica del nostro Ateneo si fonda su una strategia di apertura e internazionalizzazione per fronteggiare i cambiamenti in corso. Fa eco un’offerta formativa che contempla oltre 280 insegnamenti erogati in lingua straniera, 490 accordi internazionali, 12 corsi di laurea magistrale interamente in inglese, 19 accordi di doppio titolo e, da quest’anno, anche un corso di laurea triennale in inglese in Business Administration. Siamo parte della BAUHAUS4U University Alliance, un network che si sviluppa nell’ambito dell’iniziativa europea “New European Bauhaus” e riunisce 10 università in 9 regioni europee, con l’intenzione di costituirsi come legal entity europea.
Grazie al progetto “Reti Globali: Laureati bergamaschi e le loro Esperienze all’Estero”, realizzato in collaborazione con LUBERG - Associazione Laureati dell’Università di Bergamo e finanziato da Regione Lombardia, stiamo procedendo alla creazione di antenne internazionali di nostri Alumni, che hanno deciso di indirizzare il proprio percorso professionale all’estero. La prima è stata inaugurata nel corso della mia recente missione in Cina.
È stato, a tal proposito, determinante il lavoro svolto in questi anni anche sul fronte delle opere edili: lavoro impegnativo, che non si è ancora concluso e coinvolge l’ampliamento e il potenziamento della ricettività sui fronti della residenzialità e delle infrastrutture universitarie e sportive. Penso alla ristrutturazione del compendio Montelungo-Colleoni, il cui cantiere è stato recentemente avviato con un cronoprogramma che, ad oggi, prevede una prima consegna dei lavori nel mese di giugno 2028. Un investimento che ci permetterà di acquisire 282 posti letto a valere sul Diritto allo Studio, anche grazie anche a un importante contributo di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo, oltre a 170 posti letto a libero mercato e a 7 aule didattiche.
Inaugureremo in aggiunta, a breve, lo Student Office di Via Calvi e, nel 2026, si darà impulso ai lavori già avviati sul polo di Via Statuto, mentre, per la prossima primavera, contiamo di disporre degli impianti sportivi di Loreto a pieno regime.
È nostra intenzione, inoltre, non disperdere le radici storiche, quelle che hanno portato all’istituzione del nostro Ateneo; al contrario, vogliamo ulteriormente estendere la nostra presenza territoriale, grazie anche all’istituzione del Polo universitario Valtellina a Chiuro e di quello Territoriale Pianura con sede a Treviglio, oltre alle attività consolidate di Orobielab sui temi della montagna. Non potendo ora elencare le numerose iniziative di interazione e contaminazione territoriale, voglio citare “COM-UNI BERGAMO Verso un Manifesto di Bergamo Città Universitaria”, presentato con il Comune di Bergamo in occasione dell’ultima edizione di Bergamo Next Level.
La presentazione del primo Bilancio di Sostenibilità di Ateneo, prevista il prossimo 16 dicembre, sarà l’occasione per illustrare in modo più articolato l’impegno del nostro Ateneo per lo sviluppo economico e sociale del nostro territorio.
L’attrattività passa attraverso una nuova visione del futuro di un territorio. Un’area, quella bergamasca, che si è affermata negli ultimi anni come una tra le più dinamiche a livello nazionale nei settori dell’innovazione, della manifattura avanzata, delle tecnologie abilitanti, della salute, dei sistemi industriali complessi e delle nuove imprenditorialità. Allo stesso tempo, il territorio orobico ha maturato una consapevolezza rinnovata sull’importanza di modelli integrati di conoscenza in cui ricerca, tecnologia, processi economici, modelli culturali, competenze giuridiche, trasformazioni sociali e responsabilità civica concorrono alla costruzione di sistemi più resilienti, inclusivi e capaci di rispondere alle grandi transizioni in atto.
In questo stesso contesto di cambiamento, si fa largo la necessità di dare vita a un ecosistema dell’innovazione in grado di connettere tre dorsali a mio avviso fondamentali, che rappresentano il presente e il futuro di Bergamo con un impatto su tutta la sua Provincia.
La dorsale Med-tech, che possa congiungere il Kilometro Rosso, con l’Istituto Mario Negri, il Polo di Dalmine, il Campus Universitario comprensivo del Digital Health Lab della Fondazione Anthem, e l’Ospedale Papa Giovanni XXIII.
La dorsale Meccatronica, che connetta il Campus Universitario di Caniana con il Kilometro Rosso e il Polo di Dalmine, coinvolgendo pienamente anche il POINT.
E, infine, la dorsale delle Industrie Creative: il “miglio della cultura” che, partendo dai Campus Universitari di Città Alta, attraversa i poli museali dell’Accademia Carrara e della GAMeC, trovando un cuore pulsante negli spazi futuri del Campus Montelungo, concepito non solo come residenza universitaria ma come luogo di scambio culturale e di creatività per i nostri giovani.
Il 2026 sarà anche l’anno dell’E-BRT, il nuovo sistema di Trasporto Rapido ad alta frequenza su Bus Elettrici. Un’infrastruttura di mobilità che potrà sicuramente agevolare la circolazione di persone e idee connettendo ancora più direttamente le prime due dorsali, a maggior ragione, se il collegamento potrà estendersi in futuro anche al polo clinico dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII.
Perché questo ecosistema prenda realmente forma, occorre individuare un modello di governance territoriale stabile, anche tenendo conto delle opportunità legate al post PNRR e delle politiche di programmazione che Regione Lombardia sta mettendo in atto, ad esempio, con l’istituzione delle ZIS, le Zone di Innovazione e Sviluppo.
Come ho recentemente scritto in un editoriale, è venuto il tempo delle scelte e delle responsabilità. Una responsabilità che il nostro Ateneo sente sua nella vocazione e missione istituzionale di luogo generativo di idee e di sviluppo di progettualità.
Mi avvio alle conclusioni di questa prolusione con un ringraziamento e un’esortazione.
Un ringraziamento a tutta la nostra comunità universitaria – docenti, personale tecnico-amministrativo e bibliotecario, collaboratori linguistici, personale di servizio - che rende possibile tutto questo.
La partecipazione a questa cerimonia, sia in presenza nella nostra Aula Magna sia in ascolto dagli uffici, testimonia il forte senso di appartenenza e il legame saldo con l’Ateneo. È altrettanto doveroso riconoscere le difficoltà e le criticità che si presentano nello svolgimento delle attività lavorative, spesso dovute a vincoli sistemici non sempre chiari o coerenti con la missione di crescita dell’Ateneo e del suo territorio. Tali difficoltà, tuttavia, non indeboliscono il nostro impegno e la determinazione nel cercare sempre soluzioni volte a garantire benessere e giusto riconoscimento dell’apporto di ogni componente della nostra comunità.
Per finire, un’esortazione. Come docenti siamo tenuti ad adottare un atteggiamento propositivo e responsabile verso il futuro delle nuove generazioni. Nell’attuale panorama mediatico e letterario sono invece frequenti rappresentazioni di scenari distopici.
Viviamo in un presente segnato da forti tensioni e crisi geopolitiche, siamo esposti a notizie che possono generare indignazione e, progressivamente, portare a sentimenti di rassegnazione o indifferenza. Sul fronte delle tecnologie, da nativi analogici, siamo diventati dipendenti dal digitale senza riuscire realmente a governarne gli sviluppi. Questa incapacità di guardare al futuro e di gestire il presente si riflette in un senso di ansia collettiva che permea anche il modo in cui raccontiamo, almeno in Occidente, la nostra quotidianità, a differenza di quello che avviene in altre regioni del mondo.
È essenziale trasmettere alle nostre studentesse e ai nostri studenti la capacità di affrontare le sfide contemporanee con una visione costruttiva del domani. L’università, ancora più che in passato, ha la responsabilità morale di contribuire a costruire un clima di ottimismo e dare significato all’investimento che il Paese destina alla formazione, alla partecipazione attiva alla vita universitaria e all’impegno quotidiano di studentesse e studenti nelle attività didattiche e associative.
È indispensabile coltivare una narrazione permeata da esempi positivi di giovani donne e uomini che osserviamo giornalmente durante le attività in aula, tra idee e intuizioni come quelli che alimentano progetti all’interni dei corsi CREO, i nostri laboratori di formazione accademica e imprenditoriale. Sono esperienze che coinvolgono studentesse e studenti da diversi settori disciplinari e ne valorizzano il talento in termini di creatività e collaborazione. L’esortazione è, quindi, ad avviarci verso il nuovo anno accademico con una visione chiara e carica di propositi: lo dobbiamo alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi e, di riflesso, a noi stessi.
Con questo auspicio, che guarda al presente e al futuro con occhi sempre giovani, dichiaro ufficialmente aperto l’Anno Accademico 2025-2026, 57° dalla fondazione dell’Università degli studi di Bergamo.